Seduti tra i banchi di scuola, tra un verso e l’altro, difficile pareva immedesimarsi nell’animo del grande di Recanati. Ma poi, ci si rende conto che Giacomo Leopardi non aveva poi tutti i torti. Con i nostri anni sulla groppa, si è superato ( e non solo) il rapporto scolastico docente-discente. Dopo aver avuto il coraggio di buttare in soffitta i diari zeppi di dediche sulle Alpi e le Ande ( un grido si espande…Paola sei grande !), ci si è accorti di aver finalmente chiuso i battenti della scuola.
Dunque, qual è il nocciuolo della questione ?
Imparare a scuola è un conto, applicare ciò che si è tentato di apprendere è tutt’altra cosa. Se si legge invece di leggere ( da notare la differenza) allora meglio i modi anziché i tempi verbali. Meglio l’infinito leggere (con la sua seconda coniugazione), perché questa parola ci riporta all’”Infinito” del sommo poeta Leopardi (link). E all’ermo colle tanto caro, come tale è la mia Veroli. Ed il cuore per poco non si spaura, per lei e per l’eterno e le morte stagioni, per il naufragar m’è dolce in questo mare…